Bello il termine “amaro”… forse perché all’inizio Satie scrive “Lent et douloureux” ci si aspetta che alla fine anche se non finisce la lentezza, finisca almeno il dolore…. E invece NO! Non c’è speranza… dopo c’è solo rassegnazione ed accettazione… la seconda delle Gymnopedies inizia con “Lent et triste”… la triste rassegnazione prenderà il posto dello stato spiritualmente doloroso della prima…
La consapevolezza arriva soltanto con la terza che inizia “Lente et grave”….

Scusa questo mio pippardone “quasi” da critico saccente e forse non veritiero per molti, ma io le vedevo così quando le studiai nel 2001 in un periodo non molto allegro della mia vita in cui suonare queste musiche mi permetteva di sublimare delle realtà problematiche.... per questo le ho assimilate quasi immediatamente… poi,per fortuna, nella vita tutto si può risolvere…. Nelle Gymnopedies, invece, NO…se non come lenta e sofferta maturazione…

o meglio si risolve tutto dal punto di vista tecnico (se non sbaglio tutte e tre terminano con cadenze perfette: La min.7 – Remin. la prima, Sol min – Do la seconda, Mi7 – La min. la terza)
Ma la sensibilità di Satie non si distacca da un’atmosfera densa di nubi grigie, dove l’unico sollievo è l’assenza del vento…

Tutto sommato i mezzi per raggiungere questo risultato sono quasi poveri per non dire “banali”: la prima Gym. inizia sì in re maggiore, ma con la IV al basso (Re4, con tutta la indeterminatezza di cui è capace), alla seconda battuta la tonica è al basso, ma l’accordo è dissonante in quanto ha usato un Re7 e così si ripete fino alla battuta n.5 dove sul secondo tempo (quindi quasi in sordina, evidenziata dal minimo della forchetta del crescendo) inizia il canto con una terza rispetto alla tonica però dissonante con il relativo basso puntato (IV)… il fa# è seguito subito dalla sua terza minore (come dire già un concentrato di tristezza in due note!)… non continuo per non annoiare… dico soltanto che il Re min. finale sembra dire all’ascoltatore che l’impressione di sospensione dalle certezze prosegue anche nel silenzio successivo alla fine… (sì forse hai ragione… non ci dà soddisfazione… è una mascalzonata…)

Ma forse è proprio questo modo di comporre che porta ad un vero “capolavoro”: l’utilizzo di mezzi semplici per ottenere un risultato che trascende i tecnicismi, creare una "forma finale" esemplare ed ammirevole, in cui anche i soggetti utilizzati vanno automaticamente in secondo piano… per questo credo che qualsiasi analisi è solo uno sterile tentativo della ragione di cercare di capire come diavolo ha fatto il compositore a trasmettere quelle sublimi sensazioni ed emozioni…
io non lo so, anche se non disdegno qualche tentativo di spiegazione, ma so soltanto che le Gymnopedies mi piacciono… e molto!!!

Bach l’avevo citato soltanto per un suo utilizzo analogo del finale in maggiore per pezzi in tonalità minore. E’ chiaro che il paragone di Bach finisce sulla tecnica usata, ma con effetti emozionali totalmente differenti… Bach dà l’idea di una persona molto assertiva nelle sue manifestazioni… Satie no, è un impressionista, un uomo che vive “il dubbio”

ed è in grado di trasmetterlo…