Karlheinz Stockhausen
Tra i più significativi compositori del XX secolo, ma anche teorico e saggista, conosciuto per il suo lavoro sulla musica elettronica, sull'alea, sulla composizione seriale e sulla spazializzazione in musica (tecnica compositiva, volta ad organizzare lo spostamento fonico nello spazio attraverso più orchestre).
Compone non solo creando nuove forme di musica ma anche inserendo nuovi segni innovativi nel campo della notazione musicale. Come docente universitario ed autore di numerose pubblicazioni sulla teoria della musica, attraverso le sue attività per la radio e grazie a più di 300 proprie composizioni ha partecipato in modo significativo a modificare la musica del XX secolo.
Durante il periodo degli studi musicali diventa un assiduo frequentatore dei corsi di estetica ed analisi musicale di Messiaen.
Diviene una delle figure più carismatiche della scuola di Darmstadt.
Le sue prime composizioni, come per esempio Choral, sono ancora tradizionali.
Giunto nella città tedesca di Darmstadt nella seconda metà degli anni’50, Stockhausen è stato uno dei più importanti realizzatori della rivoluzione postweberniana, insieme a Boulez e Nono, dopo essersi formato con maestri del calibro di Olivier Messiaen e Darius Milhaud.
La parola d’ordine, allora, era distruggere: tagliare i ponti con un passato in cui non ci si voleva più riconoscere e nel quale veniva compreso anche Schoenberg, maestro delle avanguardie. Anche lui, ancora troppo legato alle forme della tradizione classica, ai parametri espressivi dell’inizio del secolo, diventa la vittima di una volontà distruttiva che si pone l’obiettivo di fare tabula rasa di tutto ciò che è stato. L’unico a salvarsi, in questo atteggiamento ultra radicale è il solo Webern e la sua idea di serialismo integrale (applicato, quindi, non solo alle altezze bensì a tutti i parametri della musica). La melodia scompare totalmente e tutto il lavoro di composizione si concentra sullo spazio sonoro e sul timbro. Un procedimento simile all’astrattismo in pittura, dove scompare la figura per lasciare il posto al colore, all’intensità e alla profondità del tratto.
Il risultato è una musica decomposta, scientificamente calcolata, controllata in tutte le sue parti. Ma è anche una musica che non segue più il cammino della discorsività tematica, risultando incomprensibile a chi non ne conosce i presupposti programmatici.
Il “puntillismo”, stile risultato dalla radicalizzazione delle tecniche seriali di Webern, si manifesta, negli anni Cinquanta, in composizioni nelle quali schizzi di suono isolati sono disseminati nello spazio senza soluzione di continuità e dove l’unica sequenza riscontrabile è quella derivata dall’alternanza dei timbri. Sono concepite in questo senso alcune opere del ventenne Stockhausen: Kreuzspiel, per oboe, clarinetto basso, pianoforte e percussione (1951)
e Kontra-Punkte per dieci strumenti (1952).
Già in queste prime opere la materia sonora è lacerata in ogni dove, violentata, imprevedibile, lontana dalle alchimie di calcolo di Boulez.
A dimostrazione di questa sua visione “libera” dello strutturalismo, egli è il primo ad allontanarsene, aprendo alle tecniche aleatorie le possibilità compositive ed esecutive dell’opera.
Esempi lampanti di questo nuovo approccio sono Zeitmasse e il Klavierstück XI (undicesimo di una lunga serie di brani per piano disseminati lungo parte della sua carriera), nei quali la casualità si manifesta nella possibilità di scelta lasciata all’esecutore riguardo alla successione di elementi pre-composti.
Un procedimento che venne definito “alea controllata” e che aveva poco a che vedere con la liberazione totale del suono ad opera di John Cage ,alla cui base c’era solo un progetto e tutto era lasciato alla casualità legata all’ambiente.